Raffaele Crovi - Biografia
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Antologia di opinioni


Geno Pampaloni

Raffaele Crovi è un narratore epigrammatico, così come epigrammatico è il poeta in versi. [...] Il modo più autentico che Crovi ha scoperto per sapere ciò che vuole è stato l'esprimersi in versi: una poesia gnomica, affidata a una vena autentica di sapienza popolare e contadina, abilmente riassunta in forme che stanno tra l'epigramma, la canzonetta e la sentenza pronunciata a veglia attorno al focolare. Ma anche il narratore ha imparato bene la lezione: e si è foggiata una scrittura che è personale, ben modulato, criptico, malizioso massimalismo etico-religioso di profonde radici cristiane. Sì che proprio da quel vigore massimalistico, ove si intrecciano utopismo anarchico e terragna corporalità, da quella coscienza del dire non compromissorio, derivano l'indipendenza, la spregiudicatezza, la franca crudeltà e la sostanziale allegria del Crovi scrittore. Il raccontare di Crovi ha un ritmo svelto di viaggio perpetuo, di fuga (senza paura), e permette allo scrittore di martellare, come nei versi, sentenze, sapienze, moralità, battute, di mantenere cioè di frammento in frammento la dura freschezza linguistica che è la sua più felice sigla espressiva.
(Storia della letteratura italiana. Il Novecento, nuova edizione accresciuta e aggiornata, diretta da Natalino Sapegno, Garzanti, Milano 1987)
Marco Marchi

Nell'esemplificare verità, contraddizioni e frizioni, aneliti e sfide, abbiamo già avuto modo di segnalare il registro della poesia di Crovi che ci appare il più connotante: la concisione epigrammatica, la sua stringente e ardimentosa vena gnomica che, resa attiva nel corpo a corpo rivelatore anche quando ibridata, incastonata o posta a suggello di versificazioni più ampie o altrimenti orientate, domina su altre musiche provate e trovate, sperimentate e soddisfatte. Ma le ragioni del disagio e del disincanto - oltre ogni forma di irrenitente iconoclostia o di acquisita saggezza, oltre qualsiasi consapevolezza definitoria, fede o ipotesi che si fa gamma sonora poeticamente accessibile - tendono a riproporsi. Il polistilismo resistente della poesia di Crovi - dalle riconfermate e prevalenti concentrazioni epigrammatiche da quotidiano, utile e svelto "breviario" alle misure distese dell'evocazione e dell'intonazione lirica - aggetta su Pianeta Terra (1999), sulle sue articolazioni interni strutturalmente orchestrate con perizia, tutt'altro che timbricamente omogenee, monodiche.
(Poesia e memoria, in L'allegoria della vita. Atti del convegno sull'opera di Raffaele Crovi, a cura di Gabrio Vitali, Nuovi Quaderni di Cultura, Bergamo 2003)
Alberto Bertoni

Crovi incarna a pieno titolo l'intellettuale alfiere di un postmodernismo forte perché è colui che è romanziere a pieno titolo, che è scrittore di racconti, che è critico ed è critico non solo del mondo letterario alto, del mondo di élite, ma anche del mondo crocianamente, ed erroneamente ritenuto da gran parte della critica italiana mondo basso, mondo della letteratura di genere. [...] Nel Crovi narratore c'è però una sorta di istinto, come colui che davvero dialoga come un maestro, di ribellione o comunque di distanza o di rifiuto di assumere questa formula come una sorta di dogma, come un imperativo.
(Analisi dei vizi di potere in quattro romanzi, in L'allegoria della vita. Atti del convegno sull'opera di Raffaele Crovi, a cura di Gabrio Vitali, Nuovi Quaderni di Cultura, Bergamo 2003)
Giuseppe Lupo

Crovi si muove secondo un procedimento per antitesi, che influisce tanto sul piano dei generi frequentati (dalla poesia alla prosa), quanto su quello degli interessi professionali (dall'editoria alla politica). Osservandone in controluce il profilo intellettuale, risulta ancor più evidente un'ulteriore antinomia: la sua produzione rimane continuamente in bilico tra l'utopia cristiana e la tendenza illuminista, le cui matrici paradigmatiche sono offerte dalla Bibbia e dall'Encyclopédie. [...] Dalla lettura dell'intero corpus emergono quattro linee fondamentali: l'esplorazione dei fenomeni legati all'urbanesimo, effettuata nel ciclo di romanzi sulle topografie metropolitane; la disamina impietosa dei vizi del potere (politico, economico, tecnologico); la tensione verso l'utopia, che si nutre di ascendenze cristiane e che pervade le allegorie e i simboli degli scritti sulla ‘convivialità'; il tema della memoria come ricerca delle origini. Attraverso questi percorsi si delinea una figura di scrittore in dialogo con il proprio tempo, aperto alla sperimentazione dei più svariati linguaggi (la comunicazione letteraria, televisiva, artistica), attento agli strumenti del sapere (la sociologia, l'antropologia, la filosofia), capace di meditare in chiave morale sugli aspetti deformanti della modernità e di proporne i rimedi nel segno della fiducia e della speranza. (Le utopie della ragione. Raffaele Crovi intellettuale e scrittore, Aliberti, Reggio Emilia 2003)